venerdì 26 dicembre 2008

Brevi considerazioni intorno al mio onomastico

Tu sei buono e ti tirano le pietre.
Sei cattivo e ti tirano le pietre.
Qualunque cosa fai, dovunque te ne vai,
sempre pietre in faccia prenderai.

Le pietre. Sanremo 1967.



Il filosofo cinico di questo blog ha, nel mondo contemporaneo, un nome; un bel nome. Viene dal greco Στεφανος (Stéphanos) e significa "corona".
Il santo che con questo nome si ricorda il giorno dopo Natale è stato il secondo morto ammazzato della storia del Cristianesimo. Ebreo ellenistico (in pratica uno che all'epoca sapeva leggere e scrivere), venne portato in processo davanti al Sinedrio. Messosi a canzonare la corte, venne condannato per blasfemia, trascinato in piazza e massacrato a sassate.
Erano tempi duri e piuttosto violenti, eppure, anche oggi, nella nostra tecnologica civiltà, la lapidazione viene ancora praticata.



Ogni anno migliaia di pellegrini mussulmani che si recano a La Mecca, eseguono una lapidazione rituale a un simulacro che rappresenta Satana. Alcuni anni fa Satana forse era effettivamente presente, visto che nell'accalcarsi della folla morirono oltre trecento persone. In alcuni paesi islamici come Iran, Nigeria, Arabia Saudita, Sudan, Emirati Arabi Uniti, Pakistan, Afghanistan e Yemen dove il diritto si fonda sulla Sharia (la legge coranica stabilita da alcuni fanatici mullah) la pratica è ampiamente diffusa verso le persone. Adulteri, apostati e omosessuali ricevono questo civile e moderno trattamento. In caso di adulterio la pena è riservata alle donne.



Chissà perchè ogni volta che la legge è amministrata da qualcuno in paramenti sacri i risultati non sono mai dei migliori. Povero Santo Stefano è stato il primo a provare che il detto "Chi è senza peccato scagli la prima pietra", non avrà grande successo nella storia umana.

venerdì 19 dicembre 2008

Eletti dal popolo (2- L'uomo che ha detto basta ai Rasta)

"I shot the sheriff, but I didn't shoot no deputy". Bob Marley


Questo qua non è un venditore di aspirapolveri a domicilio. E' un legislatore regionale. Uno che decide, poco per fortuna, della mia e della vostra vita. Paolo Ciani, prima MSI, poi AN e ora PDL. Non si ricorda molto della sua attività politica tranne una lunga, maniacale e ossessiva battaglia contro il Rototom Sunsplash Festival. Il Sunsplash è il più importante festival della musica reggae d'Europa e si svolge in Friuli Venezia Giulia a Osoppo. Nell'ultima edizione ci sono state oltre duecentomila presenze ed è stato visitato dal ministro giamaicano della cultura.

Ma per Ciani il festival è come Moby Dick per il capitano Achab. Lo bracca da anni, lo insegue e non ci dorme la notte. Così ogni anno il valoroso consigliere tuona contro "il festival della droga", e della "cultura della morte" e, finalmente, vinte le elezioni, affonda il colpo: "Basta illegalità. È giunta l’ora di porre un drastico freno a questo fenomeno in cui l’alibi della musica viene invocato puramente per drogarsi e, come se non bastasse, pure con denaro pubblico per sostenere l’evento". Così, finalmente, via i fondi regionali allo sgradito festival.


E' vero, parecchi ascoltando la musica reggae si rollano qualche canna, ma è molto più rischioso sfrecciare per le nostre autostrade che starsene ad ascoltare musica tra i prati di Osoppo e, probabilmente, è molto più facile trovare dei pericolosi sballati tra le osterie friulane. Ma il vino lo produciamo noi, la marijuana no, ed è pure un prodotto extracomunitario. Non sono appassionato di musica reggae e trovo piuttosto demenziale una religione che adora il vecchio imperatore d'Etiopia e la cannabis, ma passerei la vita con un gruppo di Rasta, piuttosto che qualche minuto con Paolo Ciani.

Povera destra da Ciano a Ciani.

giovedì 18 dicembre 2008

Spagna - Italia


"Riconosciamo oggi in Spagna il diritto a contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso. Non siamo stati i primi, ma sono sicuro che verranno dopo molti altri Paesi spinti da due forze inarrestabili: la libertà e l'uguaglianza. Si tratta di un piccolo cambiamento nel testo della legge che comporta un im­menso cambiamento nelle vite di mi­gliaia di concittadini. Non stiamo legiferando per gente remota e sconosciuta; stiamo allargando la possibilità di essere felici per i nostri vicini, i nostri compagni di lavoro, i nostri amici e i nostri famigliari e allo stesso tempo stiamo costruendo un paese più one­sto, perché una società onesta è una società che non umilia i suoi membri. I nostri figli ci guarderebbero con incre­dulità se gli raccontassimo che non molto tempo fa le loro madri avevano meno diritti dei loro padri, che le per­sone dovevano continuare a restare unite nel matrimonio, aldilà della pro­pria volontà, quando non erano più ca­paci di convivere insieme. Oggi pos­siamo offrire una bella lezione: ogni diritto conquistato, ogni libertà rag­giunta, è stato il frutto dello sforzo e del sacrificio di molte persone che dobbiamo oggi riconoscere e di cui dobbiamo essere orgogliosi" José Luis Rodríguez Zapatero primo ministro spagnolo.


"In Spagna sta avanzando l'indottrinamento laico, la statolatria, cioè l'ingerenza dello Stato nella vita personale di ognuno". La sobria e moderata affermazione, è contenuta in un'intervista rilasciata da monsignor Angelo Amato, l'attuale prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, già ex segretario della Dottrina della Fede, e amico personale di Papa Ratzinger.



Cavolo! Per un mezzo liberale come me (l'altra mia metà è socialista) è un'accusa grave. Urge documentarsi. Allora ho provato a fare un piccolo confronto tra il nostro paese e la "statolatrica" Spagna di Zapatero.

Cominciamo. Matrimonio e convivenze: in Spagna sono ammessi i matrimoni omosessuali e una coppia più registrarsi al comune nell'apposito registro delle unioni civili. In Italia solo matrimonio "secondo natura" e nessuna tutela per le convivenze. Divorzio: in Spagna una procedura che può durare al massimo sei mesi. In Italia dopo tre anni di separazione si può chiedere il divorzio. Procreazione assistita: In Spagna sono previste tutte le tecniche migliori per la salute della donna. In Italia ci sono tante e tali limitazioni che molte coppie preferiscono andare all'estero (chi può permetterselo naturalmente). Malattie terminali: In Spagna esiste il testamento biologico, un cittadino può così dichiarare quali cure vuole o non vuole che gli siano somministrate in caso di malattia irreversibile. In Italia non c'è niente, o peggio, il malato finisce in balia di medici, politici, giudici e vescovi. Per quanto riguarda il finanziamento alla Chiesa Cattolica, in Spagna c'è il sette per mille sulle dichiarazioni dei redditi ma, allo stesso tempo, la Chiesa non può accedere ad altri finanziamenti e paga tasse e imposte come tutti.

Ovviamente, in Spagna, chi vuole vivere secondo i dettami di Santa Romana Chiesa è liberissimo di farlo e lo Stato non interferisce.
Da questo brevissimo confronto ne viene fuori che in fatto di libertà individuali e di laicità dello Stato tra noi e gli iberici non c'è partita.
Agli ultimi europei di calcio ci hanno battuto ai rigori, in un confronto sullo stato di diritto non arriviamo nemmeno ai supplementari.


mercoledì 17 dicembre 2008

Walter e Pasquale


"Vile, tu uccidi un uomo morto!" Francesco Ferruzzi, capitano delle truppe fiorentine gravemente ferito, a Fabrizio Maramaldo, capitano degli spagnoli, che stava per pugnalarlo.



"Questo non è il mio partito" ha dichiarato Walter Veltroni, segretario del Partito democratico. Di questi tempi Walter Veltroni mi ricorda un vecchio sketch di Totò. il comico raccontava a un amico di essere stato schiaffeggiato da un tale che, mentre lo picchiava, continuava a chiamarlo Pasquale. L'amico gli chiede: "E tu cosa hai fatto?" "Niente. - risponde Totò - Non mi chiamo mica Pasquale".


Neanche io mi chiamo Pasquale eppure mi sento pienamente coinvolto e schiaffeggiato, visto che questo è il mio partito. Tutte queste sberle fanno un gran male e credo che sarebbe il caso di reagire. Bisogna fare del PD un "soggetto politico veramente nuovo", ha sempre detto Veltroni. Giusto. Ma per avere "un soggetto politico veramente nuovo" ci vogliono dei dirigenti veramente nuovi.

martedì 16 dicembre 2008

Chapeau, Presidente

Che il Presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini fosse uno dei pochi esponenti della destra italiana che non fanno venire i brividi lo pensavo già da tempo, con le sue dichiarazioni di oggi in occasione del settantesimo anniversario della promulgazione delle leggi razziali, lo considero uno statista.



"L'ideologia fascista non spiega da sola l'infamia delle leggi razziali. C'è da chiedersi perché la società italiana si sia adeguata nel suo insieme alla legislazione antiebraica e perché, salvo talune luminose eccezioni, non siano state registrate manifestazioni particolari di resistenza. Nemmeno, mi duole dirlo, da parte della chiesa cattolica. Rievochiamo oggi - ha proseguito Fini - una pagina vergognosa della storia italiana. Quelle leggi hanno rappresentato uno dei momenti più bui nelle vicende del nostro popolo".


A impressionare non sono tanto le osservazioni sul comportamento della Chiesa cattolica, largamente condivise dagli storici, ma quelle sul complesso della società italiana.
Il popolo della nostra italietta si adeguò supinamente alla bestialità fascista e le voci contrarie furono poche e isolate. Il fascismo non fu migliore del nazismo, fu solo il prodotto di una società più arretrata e debole rispetto a quella tedesca.
Se non vogliamo credere alla balla degli "italiani brava gente", rassegnamoci all'idea che a quei tempi il paese toccò il punto più basso della sua storia grazie anche al consenso e all'ignavia di gran parte dei suoi cittadini. Che di questi tempi lo dica un politico è una cosa alquanto rara.
Complimenti e chapeau, signor Presidente.

lunedì 15 dicembre 2008

Eletti dal popolo (1- Il bisiaco in camicia verde)

Il grande Ettore Petrolini, rivolgendosi a uno spettatore che l'aveva fischiato, disse: "Io nun ce l'ho cò te ma cò quelli che te stanno vicino e nun t'hanno buttato de sotto". E' esattamente lo stesso pensiero che provo quando vedo alcuni nostri "eletti dal popolo". Non ce l'ho con loro, ma con quelli che li hanno eletti.


Federico Razzini è un vero leninista. Sempre fedele alla linea del partito, anche quando questa cambia vorticosamente, non si è mai espresso in modo stonato con le gerarchie leghiste e si è sempre salvato dalle cicliche purghe nel partito di Bossi. Addetto stampa, assessore provinciale, consigliere comunale, la sua devozione e fedeltà è stata ripagata con l'elezione al Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia.

Finalmente raggiunto il meritato riconoscimento per anni di indefessa militanza, ha potuto svolgere il suo lavoro in difesa degli interessi del popolo bisiaco.
I bisiachi, si sa, sono un po' ingrati e continuano in maggioranza a votare a sinistra, ma il nostro virgulto consigliere in camicia verde non demorde e subito si lancia in difesa del nostro bel idioma paleo veneto. Presenta allora un disegno di legge che "valorizzi e promuova gli idiomi e i dialetti storici veneti del Friuli Venezia Giulia", una legge di cui a Monfalcone si sentiva la drammatica urgenza.
Poi si mette in evidenza nelle battaglie leghiste contro le aperture domenicali dei negozi. Memorabile una sua dichiarazione: "Dobbiamo fare una buona e radicale riforma del commercio se vogliamo distinguerci da chi ci ha preceduto e ha fallito deludendo i cittadini a favore di poche lobby affaristiche!" Naturalmente, a lui, che i cittadini vadano a fare acquisti dalle "lobby affaristiche" perchè i prezzi sono vantaggiosi rispetto ai commercianti del centro storico, interessa ben poco. Il suo cavallo di battaglia è la difesa delle nostre terre dall'incombente minaccia islamica. In questa crociata possiamo vederlo lancia in resta con disegni di legge, comunicati e così tante iniziative che è impossibile dare conto di tutte. Merita, però, di essere segnalata una sua performance in Consiglio regionale di alcuni mesi fa.
Siamo nel corso di una seduta dedicata alle interrogazioni e interpellanze. La seduta si consumava stancamente in un aula distratta quando, d'un tratto, il vocione di Razzini è rimbombato nell'emiciclo: "Signor Presidente!" Ricordo quasi a memoria. "Capisco che sono importanti le interrogazioni, ma devo segnalare un fatto gravissimo accaduto a Monfalcone!" Orca! Mi sono preoccupato anch'io. Che sarà successo? Sarà esplosa la centrale, crollata la Rocca, affondato il porto. No, niente di tutto ciò. "Oggi in una scuola media - ha proseguito Razzini - sono stati invitati dal preside decine di immigrati del Bangladesh che hanno preso parte alla fine dei lavori del Ramadan". Si, avete letto bene: "fine lavori del Ramadan". Che cultura il nostro leghista!



Quindi, per il novello crociato, il fatto gravissimo era che alcuni immigrati di fede islamica hanno portato qualche dolcetto a scuola per la celebrazione della fine del Ramadan, mostrando agli studenti che anche i mussulmani hanno delle ricorrenze religiose e non mangiano i bambini. Una vera tragedia per il ciarpame ideologico dei leghisti.



Come dicevo all'inizio, non ce l'ho con lui che fa solo la parte del disciplinato leghista, ce l'ho con chi lo ha eletto.

sabato 13 dicembre 2008

Canzoni di Natale

Detesto le canzoni di Natale. Hanno un aroma zuccheroso da nausea.



C'è però un brano, My Favourite Things, composto da Richard Rodgers e Oscar Hammerstein per il musical The Sound of Music (nella versione italiana Tutti insieme appassionatamente) cantato da Julie Andrews, che ha avuto una storia speciale.
Diventato una popolarissima canzone natalizia, il brano ha avuto una serie di innumerevoli versioni (ne sono state censite oltre quattrocento), affermandosi come uno dei più eseguiti standard jazz grazie alla versione di John Coltrane. E così una banale canzonetta divenne un brano memorabile, una delle mie cose preferite, appunto.


Chi la vuole sentire la trova in Newport '63, una registrazione fatta da Coltrane e la sua più classica formazione (McCoy Tyner al piano, Jimmy Garrison al basso, Roy Haynes alla batteria e John Coltrane al sassofono tenore e soprano) al Jazz Festival di Newport, Rhode Island, nel Luglio del 1963.

giovedì 11 dicembre 2008

Anch'io simpatico (III puntata - fine)


"Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare". John Belushi in Animal House.

Ci rinuncio. Mi arrendo. Non sarò mai politicamente simpatico. Non riesco a essere in sintonia con l'opinione pubblica, anzi, penso che chi fa politica spesso non debba pensare come la maggioranza. La politica non deve adagiarsi sulle opinioni comuni ma cambiarle.
Così, sprofondando in questi pessimistici pensieri, mi sono imbattuto in un articolo su La Repubblica che dava conto dei commenti della stampa britannica sull'attuale momento politico del Regno Unito.


Secondo tutti i commentatori il clima da quelle parti è radicalmente cambiato con l'impatto della crisi economica. Mentre da mesi tutti annunciavano la prossima disfatta dei laburisti e la morte politica del premier Gordon Brown, oggi le cose vanno molto diversamente. Le misure di Brown in campo economico e il suo stile piuttosto austero e ruvido vengono molto apprezzati dall'elettorato e così i laburisti sono tornati in vantaggio e, in quanto a popolarità, Brown strapazza il leader dei conservatori David Cameron (un autentico fighetto tutto simpatia).
Lo scozzese Brown è l'esatto contrario del politico simpatico e telegenico. Ombroso, cieco di un occhio, per niente brillante e piuttosto sovrappeso, è stato per un decennio la sostanza del new labour mentre Tony Blair ne era l'immagine.


Per spiegare questo burbero scozzese è sufficiente ricordare la sua battuta d'esordio all'ultima conferenza programmatica del Partito laburista: "Non sono qui per piacervi, ma per risolvere i problemi".
Grande. Evviva la perfida Albione.



Si, lo so che gli italiani non sono gli inglesi.

mercoledì 10 dicembre 2008

Compagni, avanti il gran partito...

"Non si fa politica con i sentimenti, figuriamoci con i risentimenti". Pietro Nenni.




Compagni, avanti, il gran Partito
noi siamo dei lavorator!
Rosso un fior in petto c'è fiorito,
una fede ci è nata in cor.
Noi non siamo più, nell'officina,
entroterra pei campi, in mar,
la plebe sempre all'opra china
senza ideale in cui sperar.

Su, lottiamo, l'Ideale
nostro alfine sarà
l'Internazionale
futura umanità!

Un gran stendardo al sol fiammante
dinnanzi a noi glorioso va:
noi vogliam per esso siano infrante
le catene alla Libertà!
Che Giustizia venga noi chiediamo:
non più servi, non più signor.
Fratelli tutti esser dobbiamo
nella Famiglia del Lavor

Lottiam, lottiam la terra sarà
di tutti eguale proprietà:
più nessuno nei campi dia
l'opra ad altri che in ozio sta!
E la Macchina sia alleata,
non nemica, ai lavorator:
così la vita ritrovata
a noi darà pace ed amor.

Avanti, avanti, la vittoria
è nostra e nostro è l'avvenir:
più civile e giusta la storia
un'altra era sta per aprir.
Largo a noi, all'alta battaglia
noi corriamo per l'Ideal!
Via, largo, noi siam la canaglia
che lotta pel suo Germinal!

L'avranno pure cantata L'internazionale e qualcuno perfino a squarciagola. Si, perchè i congressi del Partito socialista italiano si chiudevano con questo inno, anche negli anni di Craxi. Me li immagino, Cicchitto, Brunetta, Sacconi e, nel nostro piccolo Renzo Tondo (già simpatico allora), intonare i versi dell'inno di quasi tutti i partiti comunisti, socialisti e socialdemocratici del mondo.




Poi cambiò tutto, finì il comunismo, in Italia tintinnarono le manette e questi signori cambiarono musica. Lasciarono Nenni, Turati e il sol dell'avvenire per il palazzinaro di Arcore. Basta con il proletariato e i compagni, meglio le televisioni e nuovi amici leghisti.



Si può cambiare idea, naturalmente, ma per favore, almeno ci risparmino affermazioni come quelle di Brunetta: "Sono un socialista nel governo Berlusconi".

Probabilmente hanno già imparato l'inno di Forza Italia ma, visto che sono molto intelligenti e furbi, non avranno difficoltà a imparare un inno che ho trovato per loro:

Beasts of England, Beasts of Ireland,
Beasts of every land and clime,
Hearken to my joyful tidings
Of the Golden future time.

Soon of late the day is coming,
Tyrant Man shall be o'er thrown,
And the fruitful fields of England
Shall be trod by beasts alone.

Rings shall vanish from our noses,
And the harness from our back,
Bit and spur shall rust forever,
Cruel whips no more shall crack.

Riches more than mind can picture,
Wheat and barley, oats and hay,
Clover, beans and mangel-wurzels
Shall be ours upon that day.

Bright will shine the fields of England,
Purer shall its waters be,
Sweeter yet shall blow its breezes
On the day that sets us free.

For that day we all must labor,
Though we die before it break;
Cows and horses, geese and turkeys,
All must toil for freedom's sake.

Beasts of England, Beasts of Ireland,
Beasts of every land and clime,
Hearken well, and spread my tidings
Of the Golden future time.



Questo è "Beasts of England", l'inno rivoluzionario dei maiali della Fattoria degli animali di George Orwell. Spero che non si offendano, la mia è solo un po' di ironia. La vera offesa è quella che loro fanno alla storia del socialismo italiano.

venerdì 5 dicembre 2008

La voce del padrone




Non sono serviti occupazioni, scioperi, cortei, lezioni in piazza, a nulla è valsa la solidarietà di maestri, presidi, rettori, professori e bidelli, non ha sortito alcun effetto il sostegno di politici, mamme e intellettuali, niente di niente; l'imperturbabile ministro della pubblica istruzione Mariastella Gelmini non si è mossa e i previsti tagli dei finanziamenti all'istruzione sono rimasti.

Tra i tagli era prevista anche una sforbiciata ai fondi delle scuole paritarie (leggi istituti cattolici). Accortasi della riduzione dei fondi, la Conferenza episcopale italiana è partita subito all'attacco: "Le federazioni delle scuole cattoliche si mobiliteranno in tutto il Paese" ha affermato monsignor Bruno Stenco, direttore dell'Ufficio nazionale della Cei per l'educazione. Poco dopo parte un missile verso il governo, lanciato direttamente dal Papa: "Gli aiuti per l'educazione religiosa dei figli sono un diritto inalienabile".

Terrorizzato dal micidiale attacco, il governo si arrende immediatamente. "C'è un emendamento del relatore che ripristina - dice il sottosegretario all'economia Giuseppe Vegas - il livello originario, vale a dire 120 milioni di euro. Possono stare tranquilli, dormire su quattro cuscini". Così, quello che migliaia di studenti e professori non erano riusciti a ottenere in settimane di mobilitazioni, la Chiesa cattolica lo ottiene in meno di un'ora.

Cari manifestanti, la prossima volta indossate qualche abito talare. Avrete ciò che desiderate e potrete dormire comodamente su quattro cuscini.





C'è un bel film di Martin Ritt sul periodo della "caccia alle streghe" negli Stati Uniti degli anni '50, "Il prestanome" (The Front). Il film racconta la storia di un modesto allibratore che presta il suo nome a parecchi autori finiti nella lista nera dei sospetti per attività antiamericane. Divenuto famoso, il prestanome (interpretato da Woody Allen) matura una coscienza politica e finisce anche lui sotto processo.




Si dice che la ministro Gelmini non decida nulla, che sia solo il prestanome del ministro del tesoro Tremonti. Allora, visto che su quei 120 milioni prontamente recuperati l'ultima parola spetterà alla ministro, se anche lei, come il protagonista del film di Ritt, riacquisterà una coscienza, si ricorderà che il nostro non è uno Stato confessionale e che il suo ministero si chiama della "pubblica" istruzione, mi impegno a chiederle scusa e a pubblicarle un post di elogio.

giovedì 4 dicembre 2008

Chi va e chi viene. A Lugano


Addio Lugano bella
o dolce terra pia
scacciati senza colpa
gli anarchici van via
e partono cantando
con la speranza in cor.
E partono cantando
con la speranza in cor.

Ed è per voi sfruttati
per voi lavoratori
che siamo ammanettati
al par dei malfattori
eppur la nostra idea
è solo idea d'amor.
Eppur la nostra idea
è solo idea d'amor.

Anonimi compagni
amici che restate
le verità sociali
da forti propagate
è questa la vendetta
che noi vi domandiam.
E questa la vendetta
che noi vi domandiam.

Ma tu che ci discacci
con una vil menzogna
repubblica borghese
un dì ne avrai vergogna
noi oggi t'accusiamo
in faccia all'avvenir.
Noi oggi t'accusiamo
in faccia all'avvenir.

Banditi senza tregua
andrem di terra in terra
a predicar la pace
ed a bandir la guerra
la pace per gli oppressi
la guerra agli oppressor.
La pace per gli oppressi
la guerra agli oppressor

Elvezia il tuo governo
schiavo d'altrui si rende
d'un popolo gagliardo
le tradizioni offende
e insulta la leggenda
del tuo Guglielmo Tell.
E insulta la leggenda
del tuo Guglielmo Tell.

Addio cari compagni
amici luganesi
addio bianche di neve
montagne ticinesi
i cavalieri erranti
son trascinati al nord.
E partono cantando
con la speranza in cor.



Con questa canzone l'anarchico italiano Pietro Gori ricordò l'espulsione sua e di diciasette compagni dalla Svizzera. Politico, avvocato, criminologo e poeta, Gori girò per mezzo mondo in fuga dalla polizia del Regno. La tappa a Lugano fu tra le più brevi e durò appena due settimane di carcere, al termine dei quali, il governo elvetico, preoccupato di mantenere buoni rapporti con l'Italia, si liberò velocemente di quell'ingombrante compagnia di anarchici.

Tornato in Italia, senza mai smettere la sua attività di militante anarchico, Gorì morì nel 1911 e fu sepolto a Rosignamo Marittima, dove gli venne eretto un monumento.



Non credo abbia ancora un monumento, però di sicuro Lugano lo accoglierà con tutti gli onori. Beppe Grillo, un tempo comico ora nuovo messia della nostra "società civile", ha deciso di lasciare l'Italia e trasferirsi in Svizzera. A Lugano, appunto.

"Sì, ho comprato un appartamento a Lugano perché se mi oscurano il blog sono pronto a ripartire il giorno stesso con Beppegrillo.ch o Beppegrillo.eu. Sono un po' preoccupato perché ogni mese c’è qualche leggina, qualche decretino che riduce le libertà e che viene annunciato sempre per il bene della rete...". Non è una fuga fiscale, precisa l'ex comico, ma per la libertà di espressione. Personalmente, avendo un blog letto da quattro gatti e potendo al massimo fuggire a Nova Gorica, non sono molto preoccupato. Però mi fa strano che questo indomito combattente per la libertà di pensiero fugga al primo stormir di foglie. Forse sarebbe stato più eroico restare in Italia.
Ma almeno non è una fuga fiscale.



Quando faceva il comico Grillo era divertente e i testi glieli scriveva Michele Serra. Da quando fa il capopopolo mi diverte molto meno e i testi se li scrive da solo. E poi, quel suo Vaffa day, mi sembra la versione moderna e trendy di uno slogan di qualche anno addietro: Me ne frego.
Forse mi sbaglio, ma non sopporto i moralisti, quelli che dicono "sono tutti ladri" e quelli che si sentono degli eroi.

"Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell'esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell'amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il suo dovere". Giovanni Falcone.

mercoledì 3 dicembre 2008

Con sprezzo del ridicolo


"Certi uomini politici muoiono sulle barricate sulle quali non sono mai stati". François Mitterrand.


In Italia si scrive troppo e si legge troppo poco. Mentre gli italiani sono tra i lettori più scarsi d'Europa, le nostre librerie straripano di libri assolutamente inutili. Calciatori, attori, soubrette e una più varia umanità producono quintali di carta stampata. Così tra i vari generi letterari ne battezzo uno nuovo: "libri scritti con sprezzo del ridicolo". Ecco la storia di un testo fondamentale di questo nuovo genere.




Willer Bordon è stato funzionario del Partito comunista italiano e sindaco di Muggia. Nel 1987 viene eletto deputato. Con la fine del PCI aderisce al PDS è viene rieletto nel 1992. Ma è inquieto e cosi, dopo un periodo di doppia tessera PDS e Radicali, fonda con Ferdinando Adornato (poi Forza Italia ora UDC) Alleanza Democratica. S'imbarca nella "gioiosa macchina da guerra" di Achille Occhetto. La macchina si schianta ma lui sopravvive e nel 1994 è rieletto deputato con i Progressisti nel collegio di Mantova. Ma nella bassa lombarda non viene molto amato e allora nel 1996 trasferisce armi e bagagli nel collegio di Fiumicinio dove, battendo Gasparri, torna in Parlamento. Ormai preso da un'attività frenetica diventa sottosegretario ai beni culturali nel primo governo Prodi, ministro dei lavori pubblici nel secondo governo d'Alema e ministro dell'ambiente nel secondo governo Amato. Schizza da un partito all'altro come un protone in un acceleratore nucleare; nel 1998 fonda con Di Pietro L'Italia dei Valori, ma la lascia subito, l'anno dopo è partecipe della nascita de I Democratici e nel 2001 è nella Margherita. Poco convinto del nuovo soggetto politico, prima si fa eleggere al Senato, poi ne diventa capogruppo. Intanto anche a Fiumicino non ne apprezzano la saettante carriera politica e torna nella natia regione Friuli Venezia Giulia. Siamo nel 2006, nuova legge elettorale ma Bordon è sempre presente, eletto al Senato, lascia la Margherita, entra nel PD e lo abbandona subito per fondare l'Unione democratica che si fonda con i Liberaldemocratici di Lamberto Dini, contribuendo alla caduta del governo Prodi.

Nel 2008 non lo candida nessuno. Lui afferma di avere volontariamente mollato e ci propina il libro: "Perché ho lasciato la casta" .

Personalmente avrei preferito un commiato di questo tipo: "Sono Willer Bordon, parlamentare per oltre vent'anni, fondatore e affondatore di una dozzina di partiti, vi chiedo scusa e addio".

Finalmente liberi, ci sarebbe un solo Willer da ricordare. Tex Willer.


martedì 2 dicembre 2008

Dove mi siedo?


Già me li immagino. Sperduti e un po' impauriti, i futuri parlamentari europei eletti nelle liste del Partito democratico vagheranno smarriti per l'emiciclo del parlamento chiedendosi dove si devono sedere.




Nel parlamento europeo per contare qualcosa devi stare in un gruppo parlamentare e più grande è il gruppo più puoi contare. Non si possono fare gruppi con parlamentari di una sola nazione (ne servono almeno cinque) quindi bisogna mettersi in compagnia. Allora ci sono tre possibilità: la prima, stare nel grande gruppo del Partito socialista europeo, la seconda stare nel più piccolo gruppo dei liberali e democratici, la terza andare nel gruppo misto insieme a qualche separatista basco, qualche euroscettico britannico e qualche integralista polacco.
Scartata la terza ipotesi, per ragioni di decenza, restano le altre due. Però, i liberali e democratici sono una compagnia piccola e stravagante, ci sono partiti progressisti altri decisamente conservatori, alcuni sono alleati con la sinistra, altri con la destra, tutti, infine, sono dei comprimari nella vita politica dei loro paesi.
Resta il gruppo socialista. Certo, anche quella è una compagnia piuttosto variopinta. Eppure vi sono rappresentati i più grandi partiti progressisti europei e il pilastro di ogni politica alternativa alla destra in Europa.
Allora, se il PD, come dice, vuole essere una forza progressista a vocazione maggioritaria e con importanti relazioni in Europa non può che stare nel gruppo socialista. Del resto, il Partito socialista europeo ha dichiarato e scritto nei suoi documenti ufficiali che è pronto ad aprirsi ad altre forze politiche che arrivino da storie diverse dalla tradizione socialista.




Al solito, il PD ha evitato di affrontare seriamente e per tempo la questione, e oggi il tema sta creando ulteriori affanni a un partito che già non sta molto bene.

Le ultime giornate hanno avuto un aspetto surreale. Piero Fassino resuscita per un giorno i DS e firma a Madrid il Manifesto dei socialisti europei, Walter Veltroni saluta calorosamente tutti ma non firma, Francesco Rutelli, poi, andrà al congresso dei liberali al grido di "mai con i socialisti". Nel mondo normale si fa un bel congresso, si vota e chi vince decide. Ma l'Italia non è, si sa, un paese normale.




Muovetevi a decidere, altrimenti i prossimi parlamentari europei saranno degli stralunati turisti per le vie di Bruxelles. Si godranno la Grand Place, mangeranno cozze e patate fritte ma di politica non ne vedranno neanche l'ombra.



lunedì 1 dicembre 2008

Dalla parte giusta


"Ma il vostro parlare sia si si no no, ciò che è in più vien dal maligno". Vangelo secondo Matteo 5, 37



La Santa Sede boccia, con decisione, il progetto di una depenalizzazione universale dell'omosessualità. Un' iniziativa presa dalla presidenza di turno francese dell'Unione europea, e accolta da tutti i Paesi dell'Unione. Immediato il "no" della Santa Sede: "Gli stati che non riconoscono l'unione tra persone dello stesso sesso come 'matrimonio' - dice monsignor Celestino Migliore portavoce della Santa Sede alle Nazioni Unite - verranno messi alla gogna e fatti oggetto di pressioni". Affermazioni che scatenano una serie di reazioni polemiche che, in serata, provoca un'ulteriore presa di posizione vaticana: "Nessuno vuole difendere la pena di morte per gli omosessuali" [e meno male ndr], ha detto il portavoce del Vaticano padre Federico Lombardi, ribadendo che per la Chiesa ogni norma che non ponga esattamente sullo stesso piano ogni orientamento sessuale non può venire considerata contraria al rispetto dei diritti dell'uomo.

Quindi per la Chiesa più che i diritti degli omosessuali conta la tranquillità dei paesi che li discriminano.
E quali sarebbero questi stati? Parecchi e, al solito, vere perle di democrazia. Tra i paesi che condannano le relazioni omosessuali con il carcere o, addirittura, con la pena capitale ci sono: Iran, Cuba, Arabia Saudita, Afghanistan, Myanmar, Egitto, Siria, Libia, Zimbabwe. Tutti paesi dove anche i cristiani non se la passano bene; anzi, non se la passa bene nessuno.

Così, la Santa Sede, dovendo scegliere se criticare Londra e Madrid o irritare Kabul e L'Avana, sceglie la prima soluzione. Dalla parte giusta. Come sempre.



Ma non disperiamo, tra qualche centinaio d'anni il Vaticano cambierà idea, chiederà scusa e pontificherà su altro. E' già successo a Galileo e Darwin.



"Verrà un giorno che l'uomo si sveglierà dall'oblio e finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza, a una mente fallace, menzognera, che lo rende e lo tiene schiavo (...) l'uomo non ha limiti e quando un giorno se ne renderà conto, sarà libero anche qui in questo mondo". Giordano Bruno.